Ebbene si, lo posso dire ad alta voce: il ricamo con tecnica hardager è stato quello che ha acceso la miccia e mi ha catapultato dentro il vastissimo mondo del ricamo, quello con la "R" maiuscola.
Luca era nato da pochi mesi e mi trovavo con lui a San Bonifacio quando nella vetrina del negozio-merceria Bertagnin ho intravisto dei bellissimi lavori ricamati: il mio sguardo si è ripetutamente fermato su un lavoro ad hardager e quindi, piena ancora di questa bellezza, mi sono permessa di chiedere alla titolare chi eseguiva questi capolavori e se erano previsti dei corsi.
Avevo già confidenza con l'ago perchè a scuola (professionale) l'insegnante ci aveva insegnato le basi del punto croce e di alcuni semplici punti base... ma non mi ero mai spinta oltre e non avevo mai ricamato altro se non bavaglini, tovagliette, asciugamani e strofinacci!
Mi ero cimentata anche come autodidatta nell'esecuzione di alcuni punti e devo dire che tutt'ora risento, purtroppo, di quegli errori e delle insicurezze dovute ad abitudini sbagliate acquisite quando facevo le cose "a modo mio".
Ma torniamo all'hardanger: il corso è iniziato a fine febbraio. Eravamo in tante e in tante erano già molto brave in molte e varie tecniche.
La mia compagna, la persona che come me aveva scelto di eseguire un sampler a punto norvegese, è la mia attuale "socia di ricamo": Alessandra.
E la mia insegnante: Iolanda Rei alla quale devo tutt'ora la mia gratitudine e ringrazio per la pazienza quando parto a fare di testa mia ("ma io pensavo che...." ).
Piano, piano, mercoledì dopo mercoledì, ma anche impegnandomi a casa tra un cambio di pannolino, un pasto e un riposino dopo l'altro l'imparaticcio prendeva sempre più forma.
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